Roberto Cingolani Ministro della Transizione Ecologica
Intervento del ministro al #Youth4ClimateLive chanel
Transizione ecologica, dal ministero all’operatività
Il Ministero per la Transizione Ecologica è finalmente strutturato e completo in quasi tutte le sue caselle ed è pronto a partire e a dettare la linea che in tanti attendono. Scoprire se sarà vera rivoluzione o solo fuoco di paglia è ormai solo questione di tempo, ed il ministro Cingolani non ha a disposizione tanto di tempo.
Si avvicinano infatti degli appuntamenti importantissimi in cui il Ministro dovrà fare la sua parte e dettare ufficialmente la linea italiana verso la sostenibilità ed il 2030.
Gli appuntamenti del ministro Cingolani
In una sequenza senza respiro il ministro Cingolani dovrà affrontare i seguenti appuntamenti:
- Presentazione del nuovo PNRR entro il 30 Aprile 2021
- Gestire con la presidenza italiana il G20 di Roma il 30 e 31 ottobre
- Gestire la co-presidenza della COP-26 di Glasgow tra il 1 ed il 12 Novembre
- Rispondere alle eventuali richieste di integrazione ed avviare le prime riforme previste dal PNRR
Un vero e proprio tour de force per il Ministero della Transizione Ecologica che, supportato dagli altri ministeri e dal Presidente del Consiglio Mario Draghi si troverà ad affrontare un percorso senza pause che vedrà il nostro governo esposto mediaticamente e operativamente in maniera davvero importante.
Come verranno affrontati tali appuntamenti? È già possibile leggere un filo conduttore dell’operatività del governo?
Per rispondere a queste domande dobbiamo cercare di leggere tra le righe delle dichiarazioni dei ministri e di comprendere cosa potrà fare il governo per dettare la via italiana all’Agenda 2030 del pianeta.
Le città come laboratorio dello sviluppo sostenibile
Il 26 Febbraio scorso il ministro Cingolani ha rilasciato un’intervista molto interessante e che pone le basi operative del suo ministero.
In quest’intervista il Ministro della Transizione Ecologica risponde in particolare sull’agenda del G20, ma le sue idee sono di più ampia visione e delineano quello che probabilmente sarà il suo operato.
Come il Presidente del Consiglio, Cingolani pesa le parole con accuratezza e con attenzione non utilizzandole mai a sproposito, ma delineando nel dipanarsi delle frasi, una linea operativa precisa e chiara.
Innanzitutto il ministro definisce “le città come un laboratorio strategico per la crescita sostenibile“. Non semplicemente elementi chiave o soggetti di grande importanza, ma utilizza il termine “laboratorio strategico“. Cingolani intende porre quindi le città al centro di tutte le sperimentazione (laboratorio) che il nostro paese intende sviluppare in ambito sostenibilità concentrando su di esse (strategico) il fulcro degli investimenti e dello sforzo.
Le città quindi come elemento chiave della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile. Ci pare già un fortissimo passo avanti trattandosi di una chiave di lettura che da anni portiamo avanti e sulla quale crediamo fortemente e quindi non possiamo che essere felici di tale focus.
Ma non finisce qui. Il ministro segnala che le città dovranno essere l’elemento chiave per “la crescita sostenibile, combinando transizione energetica ed azione climatica, verso uno scenario di zero emissioni nette“.
Anche qui tanti spunti di riflessione e di approfondimento. Il ministro introduce il concetto di crescita sostenibile. Parla chiaramente al mondo delle imprese che in maniera ancora non del tutto moderna in gran parte non sono in grado di leggere la sostanziale differenza tra termini come crescita, sviluppo e progresso. La paura del pauperismo inerte dei grillini è da smantellare ed il ministro lo fa senza mezzi termini.
Non introduce termini che sa essere difficili da comprendere, utilizza un termine specifico: crescita.
Se ascoltiamo alcuni dei suoi talk vediamo come lo stesso Cingolani definisca il termine crescita un controsenso in un pianeta finito segnalando che essa potrà realmente avvenire solo quando saranno disponibili i viaggi interplanetari. Quindi l’uso di tale termine, a nostro avviso, è elemento meramente comunicativo e, riteniamo, non casuale.
Cingolani, sempre nei sui talk più strutturati, definisce l’umanità come un virus che è ineluttabilmente condannato alla crescita. Non si può bloccare tale processo se non con strumenti non democratici e non auspicabili. Quindi quello che si deve fare è governare tale crescita cercando di trasformarne le modalità disordinate ed inefficienti in modalità vicine all’efficienza naturale dove lo spreco di risorse e la distruzione dell’habitat non sono contemplate.
Il Ministro della Transizione Ecologica inoltre aggiunge un passaggio chiave sugli strumenti da utilizzare in quel “combinando transizione energetica ed azione climatica“. È chiaro quindi che la strategia deve essere svolta su più fronti. Non basta una singola azione, non basta più spingere un solo bottone.
Il ministro affronta anche alcune soluzioni specifiche che ha in mente e oltre agli aspetti tecnologici (FER e risparmio energetico in primis) parla del tema della compensazione quando dice che “le città sono terreno fertile per soluzioni basate sulla natura“.
Cingolani ci segnala anche il fine di tale processo: obiettivo emissioni nette zero.
Anche qui Cingolani non dice semplicemente emissioni zero, ma emissioni nette zero. È cioè ben consapevole che non si potranno limitare ed azzerare del tutto le emissioni in 10 anni e quindi si dovrà necessariamente abbinare operazioni di compensazione delle emissioni di CO2 in maniera importante. Non sappiamo a cosa il ministro si riferisca nello specifico, per questo dobbiamo solo attendere il PNRR per comprenderlo.

Il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani
Perché il focus sulle città?
Oltre il 55% della popolazione mondiale vive in una metropoli. La quasi totalità della popolazione vive in città o in centri urbani e solo una minima fetta della popolazione mondiale vive ancora in villaggi o in gruppi sociali isolati e non aggregati.
I dati prodotti da vari enti a livello globale, ed in particolare dalle nazioni unite, indicano che stiamo procedendo a grandi passi verso una urbanizzazione della popolazione mondiale.
Ci si aspetta cioè che la gran parte della popolazione mondiale nei prossimi dieci anni vivrà in aree densamente popolate ascrivibili al concetto di città.
Le stesse megalopoli continuano ad espandersi e a crescere senza sosta e se Tokyo rappresenta uno degli esempi di megalopoli che viaggia verso i 30 milioni di abitanti, altre non sono da meno e si sviluppano in tutti i continenti.
Affrontare la transizione ecologica di questi enormi mostri rappresenta la sfida del millennio perché è da essi che partono la gran parte della azioni di impatto sul pianeta. Ripensare agli approvvigionamenti, alla distribuzione dell’energia, alla rinaturalizzazione degli spazi urbani, alla socialità, alla cultura, alla lotta al divario sociale ed economico rappresentano la chiave di volta del successo nella lotta al riscaldamento globale.
Agire rendendo le città sempre più sostenibili vuol dire rendere più sostenibile oltre la metà della popolazione del pianeta con azioni mirate e focalizzate in singoli punti, per quanto grandi, ben identificabili. Si tratta però di una sfida enorme proprio perché la grandezza delle megalopoli è tale da rendere tutto enorme, compresi i problemi.
Può esistere una “via italiana” alla transizione ecologica?
Le megalopoli in Italia non esistono, lo scettro di città più grande spetta a Roma con poco meno di tre milioni di abitanti e la seconda è Milano con un milione e mezzo di abitanti. Molto lontani quindi dalle megalopoli mondiali.
La pandemia da Covid19 ha inoltre accelerato un trend già presente in Italia, seppur con numeri non appariscenti, trend in controtendenza con molte parti del mondo e cioè la fuga dalla città verso i piccoli borghi o i piccoli comuni alla ricerca di una qualità della vita che nelle città è sicuramente sacrificata alla facilità di trovare lavoro.
Le motivazioni di questa tendenza ancora poco visibile nelle statistiche nazionali, ma ben visibile guardando i trend sociali, è da ricercare soprattutto in molti fattori che il covid ha acuito. Proviamo a descriverne velocemente i principali:
- Paura del contagio: si tratta sicuramente di uno dei principali fattori che ha portato molti possessori di seconde case a trasferirsi durante la pandemia fuori dalla città. Non solo chi ha realmente una seconda casa, ma anche chi per motivi vari era in città in via temporanea. Pensiamo ad esempio agli studenti ed a tanti giovani che vivevano in città e sono tornati nei paesi di origine dove il senso di sicurezza è psicologicamente più forte (ci si conosce e ci si fida gli uni degli altri)
- Smart working: il poter lavorare a distanza ha reso inutile la presenza presso gli uffici delle aziende o degli enti. Inizialmente era un’imposizione, ma ben presto è diventata un’opportunità. Il dipendente sta imparando a gestire il proprio tempo e sta imparando a trasformare quello che all’inizio era telelavoro in smart working, ottenendo finalmente i benefici che tale nuova modalità operativa offre. Le imprese stanno comprendendo come tale modalità può apportare notevoli benefici e stanno iniziando ad applicarla ben oltre gli obblighi di legge
- Qualità della vita: fatto il passo tornare indietro diviene più difficile. La vita nei piccoli borghi o nei piccoli comuni è decisamente migliore e spesso i costi sono inferiori a quelli della città. Ma se si lavora presso un’azienda che offre stipendi interessanti ecco che tornare alle origini offre l’interessante vantaggio di un improvviso aumento del valore dello stipendio o comunque una percezione di maggior valore. Oltre alla percezione di una maggiore disponibilità economica, la qualità della vita dei piccoli borghi è decisamente migliore e meno stressante, inutile girarci intorno
Questi solo alcuni degli esempi che stanno portando, almeno in parte, ad una inversione di rotte delle migrazioni interne dalla periferia al centro. Un fenomeno molto interessante che in Italia potrebbe assumere un valore interessante nei prossimi anni.
Questo fenomeno in genere apporta vantaggi non trascurabili in termini di transizione ecologica in quanto i piccoli comuni, se adeguatamente aiutati e messi al centro delle politiche nazionali, presentano dei vantaggi rispetto alle città notevoli:
- Un piccolo comune è, proprio grazie alle sue dimensioni, potenzialmente molto snello nel suo agire e veloce nell’applicare modifiche ai comportamenti della popolazione
- Ogni intervento attuato a vantaggio della comunità è facilmente divulgabile e più facilmente diviene elemento di condivisione. Il senso di appartenenza è più forte ed è quindi facile far passare azioni a vantaggio della comunità locale
- I piccoli comuni italiani sempre più sono oggetto del desiderio turistico internazionale. Caratterizzarli per la loro ricchezza culturale e le loro specificità li rende unici. Avere quasi 8.000 gioielli unici da visitare trasforma l’Italia in una esperienza lunga una vita sia per il turista internazionale che per il turismo interno
- Strutturare la transizione ecologica pensando ai piccoli comuni e non solo alle grandi città permetterebbe di agire su una fetta di popolazione ampia, diffusa sul territorio e che spesso lega le sue economia alle risorse e tradizioni locali. Lo sviluppo sostenibile come tutela e rigenerazione locale.
In Italia, per la sua biodiversità sociale, economica, culturale, ambientale, la via alla transizione ecologica potrebbe essere proprio rappresentata dalla tutela e dalla rigenerazione ambientale delle città e dei piccoli comuni. Si otterrebbero vantaggi enormi con soluzioni spesso gestibili con grande velocità ed efficacia.
Approccio allo sviluppo sostenibile delle piccole comunità
Abbiamo due grandi imperativi ed obblighi,
verso i nostri territori e le comunità:
1. Sviluppare economie locali
2. Ripensare al modello ed allo stile di vita
Attuare i due punti precedenti seriamente e con metodo vuol dire ottenere risultati a vantaggio delle nostre comunità locali e a vantaggio del nostro pianeta.
Non aspettare oltre, inizia oggi con noi il tuo percorso scientifico, documentato, comunicato correttamente e implementa modelli di sviluppo locale più sostenibili. Dieci anni di esperienza ci hanno permesso di sviluppare il nostro modello di approccio alla sostenibilità locale basato sui tre pilastri della sostenibilità (ambiente, economia, sociale) creando gruppi di azione locale, percorsi verso politiche più sostenibili, accesso a fondi strutturati, creazione di piattaforme collaborative e molto altro. Contattaci oggi stesso per rendere la tua comunità locale più coesa e sostenibile, sia essa un quartiere una città o un piccolo borgo.
Serve un modello verso la transizione ecologica delle nostre città
Come dice lo stesso ministro Cingolani l’Italia può quindi strutturare un proprio approccio alla sostenibilità partendo dalle comunità locali. Per agire però serve un nuovo modello che permetta di avviare percorsi verso la sostenibilità ambientale delle città e dei piccoli comuni in maniera strutturata e organica, affrontando almeno i seguenti punti:
- Contestualizzazione locale degli approcci perché ogni comunità è unica
- Definizione dei temi localmente
- Costruzione di un percorso di coesione e coinvolgimento della popolazione
- Identificazione di modelli economici che rendano autoportanti tali progetti
- Definizione di un percorso verso la neutralità carbonica netta in tempi certi
- Creazione di una piattaforma tecnologica a sostegno dello sviluppo locale
- Creazione di strutture economiche ed imprenditoriali con finalità pubbliche che attuino quanto definito
I punti precedenti possono essere declinati come l’indice di un progetto di sviluppo locale che possa generare risorse economiche e competenze per la crescita delle comunità e la creazione di progetti che mirino alla neutralità carbonica ed all’indipendenza economica.
In tale percorso si può pensare che un paese come l’italia che vede nei campanili la massima espressione della sua cultura e ricchezza, potrà velocemente diventare un esempio globale di approccio alla sostenibilità ed allo sviluppo economico basato sul rispetto e tutela delle risorse locali e naturali.
Il più classico degli approcci win win è a portata di mano, sta a noi coglierlo.