Cos’è il Recovery Fund?
Il Recovery Fund, in italiano Fondo di Recupero, è un enorme piano di aiuti finanziari che l’Unione Europea è riuscita faticosamente a mettere in opera a fine 2020. Questo piano è stato pensato per far fronte alle flessioni del PIL che hanno colpito tutte le economie mondiali e l’Europa, per sostenere gli stati membri, ha deciso questo imponente piano di aiuti.
Vediamo di fare un po’ di chiarezza sui tenti strumenti e nomi che si leggono sulla stampa e comprendiamo meglio gli strumenti messi in atto dall’Unione Europea:
- Next Generation EU: è il vero nome del Recovery Fund che ne è solo una storpiatura utilizzata comunemente sulla stampa. È un piano di investimenti in debito comune a tutti gli stati europei di circa 750 miliardi di euro. Questi miliardi sono finanziati quasi integralmente da una massiccia emissione di titolo finanziari emessi dall’Europa. Più propriamente invece il Recovery Plan dovrebbe essere utilizzato per descrivere i piani finanziari e di investimento che ogni stato deve presentare all’Unione per ottenere la sua quota.
- MES: Il MES è un altro strumento finanziario realizzato per sostenere gli stati a rischio default. Si tratta di uno strumento molto rigido nella sua versione originale che prevede la definizione di specifici piani di controllo sui finanziamenti concessi. Al contrario di quello che si crede il MES non prevede surroga politica della sovranità dello stato che lo richiede. Semplicemente la fantomatica Troika impone rigidi piani di spesa per cui i soldi ricevuti devono essere spesi con attenzione allo sviluppo ed al risanamento dei conti. Ogni stato può decidere come spenderli, ma deve renderne conto in maniera estremamente precisa e questa spesa deve servire a ridurre il rischio default. L’attuale versione del MES prevede semplicemente una destinazione precisa ad investimenti legati alla sanità e non prevede ulteriori controlli o surroghe di sovranità.
Ma che differenza c’è tra Recovery Fund e Recovery Plan?
Abbiamo visto che il Piano di Finanziamento Europeo è il Next Generation EU, tale piano prevede tre capitoli di investimento e relativa azioni di sviluppo:
- Sostegno all’economia ed alla ripresa
- Rilancio della crescita e dell’innovazione
- Sostegno agli investimenti delle imprese e dei cittadini
Per attuare questi tre obiettivi vengono definiti vari strumenti attuativi, il più importante dei quali è il Recovery and Resilience Facility che in acronimo è RRF che a sua volta viene storpiato in Recovery Fund. Il Piano Nazionale di Resilienza e Rilancio (PNRR) è appunto il piano italiano per la richiesta dei fondi, cioè il programma di investimenti del nostro paese.
All’Italia dovrebbero arrivare circa 81 miliardi di supporto a fondo perduto e 127 miliardi di aiuti finanziari (prestiti). Il RRF presenta regole di investimento molto rigide e controlli sulla qualità della spesa estremamente serrati. Ad esempio non si potranno investire risorse che non prevedono ricadute in miglioramento ed efficienza in ambito tecnologico e di aumento della sostenibilità.
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Come funziona il Recovery Fund?
Il Recovery Fund rappresenta quindi la prima emissione di debito comune a livello Europeo, un punto davvero importante in tema di condivisione politica della cosa comune e del futuro del nostro continente.
Per la prima volta cioè i paesi hanno deciso di emettere un debito comune per aiutare gli stati più colpiti e condividerne i costi, comprendendo come l’uscita dalla crisi economica può essere agevole per tutti se tutti riescono ad avere sviluppo organico.
Vediamo brevemente come è costituito il fondo:
- 390 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto
- 360 miliardi di prestiti a fondo agevolato
- Stringenti regole di pianificazione, spesa e controllo
I finanziamenti sono disponibili per gli stati a partire da metà 2021 circa. Ogni stato dovrà predisporre un Piano Nazionale di Resilienza e Rilancio (come è stato chiamato in Italia) che dovrà prevedere una precisa allocazione delle risorse, obiettivi strategici, strumenti di investimento, sistemi di controllo e verifica.
Perché il Recovery Fund è così importante per l’Italia?
I fondamentali economico ed i problemi in ambito industriale, sociale, infrastrutturale, burocratico, della giustizia dell’Italia sono noti a tutti, inutile ripeterli.
Avere oggi un debito enorme ci espone al più grande rischio possibile: non poter investire nel momento in cui il mondo cambia. Se non investi non cambi. Se non cambi (innovi) rimani ancora più indietro ed il tuo debito diviene ancora più insostenibile.
Accedere alle risorse Europee è importante perché offre una importantissima risorsa finanziaria destinata all’investimento. Ma a mio avviso il dibattito oggi sulla stampa è in gran parte strabico. Cioè viene incentrato sull’importanza dell’ammontare economico disponibile. Io invece credo che il valore del Recovery Fund sia un’altro: le sue stringenti regole richiesta ad un paese da sempre refrattario alle regole per l’ordinata gestione della cosa pubblica.
Nessun governo e nessuna forza politica italiana potrà affrontare una bocciatura del piano economico. Verrebbe spazzata via e non a caso proprio sul Recovery Fund si innesca la crisi e cade il governo. Non entriamo nelle diatribe partitiche. Ma non è un caso se proprio su questo viene rotto il giocattolo.
Oggi il Next Generation EU può essere un’occasione importantissima per l’Italia perché per accedervi richiede un cambiamento ed una innovazione proprio lì dove l’Italia è più debole. Lo ha detto la presidente della Commissione Europea, lo ha detto Gentiloni e lo dicono moltissimi politici europei: nella capacità di organizzare l’ordinario.
Next Generation Eu richiede all’Italia un forte sforzo per innovare la pubblica amministrazione e la giustizia civile. Non possiamo ignorare questi aspetti nella richiesta dei fondi europei. Ce lo hanno detto tutte le più alte cariche comunitarie.
Non possiamo evitare di dare una forte innovazione alle infrastrutture italiane. Dobbiamo dare garanzia di realizzabilità alle imprese. Dobbiamo dare procedure certe di autorizzazione, avvio e chiusura dei cantieri. Serve un nuovo assetto statale con un nuovo piano di nuovo regole e controlli condivisi, in altre parole serve una burocrazia ed giustizia civile moderne, chiare e gestibili.
Non possiamo evitare di fare un importante investimento in sostenibilità, ma di nuovo siamo ai punti precedenti come pre-condizione per accedere a questi fondi la sostenibilità deve essere un fattore certo e misurabile, non un velo dietro cui si nascondono i soliti progetti basati sul fossile green o blue.
Quindi a mio avviso il Recovery Fund è importante per l’Italia perché le richiede un enorme sforzo per ripensarsi e ridisegnare le regole di convivenza su cui è basata tutta l’architettura statale.
Molto molto di più della banale questione di soldi e di interessi, molto più di una disfida personale tra Renzi e Conte.
L'ultima porta disponibile
Siamo ben consapevoli che la strada verso la sostenibilità è stretta e non lascia possibilità a ripensamenti. Il Covid19 ha lasciato e sta lasciando macerie enormi nella nostra società, ma da queste macerie fioriscono le opportunità per una nuova rinascita.
Per questo abbiamo deciso che il 2021 deve essere per noi l’anno dell’impegno massimo nello sviluppo di progetti sulla sostenibilità.
Stiamo progettando e mettendo in atto numerosi strumenti per sviluppare progetti che aiutino tutte le realtà ad essere sempre più sostenibili. Ma da soli non possiamo farcela, il tuo aiuto è fondamentale.
Contattaci e sostienici, chiedici un intervento sulla tua realtà, presentaci un progetto che vorresti diffondere, segnalaci casi a cui dare visibilità…. i modi per contribuire a questo percorso sono tanti.
L’unica cosa che non possiamo permetterci è fare a meno del tuo aiuto.
Ma a che punto è l’Italia
Ho provato a leggere il PNRR e devo confessarlo, non sono riuscito ad arrivare in fondo a causa della nausea che impnente mi ha assalito. A leggere i commenti delle migliori testate italiane su questo tema però e purtroppo, non posso dire di essermi poi sentito così solo.
Non perché i progetti non siano condivisibili, mi sono fermato prima. Mi sono fermato nauseato dal constatare l’incapacità del governo di scrivere un piano che sia degno di questo nome come architettura, prima ancora che come contenuti. Non ci vuole molto, basta cercare su un motore di ricerca: “linee guida per un piano strategico”.
Il piano italiano non presenta nessuno dei criteri fondamentali per essere definito tale. Vediamo come andrebbe scritto:
- Definizione del contesto
- Analisi strategica e visione
- Obiettivi
- Target puntuali e numerici
- Strumenti e risorse per ogni target
- Tempi per ogni target
- Punti di controllo e KPI per ogni target
- Responsabilità di attuazione per ogni target
- Responsabilità e punti di controllo per ogni obiettivo
- Sistemi di analisi, revisione e miglioramento
Questa una scaletta classica e nemmeno troppo innovativa che si può costruire a partire dalle ISO 9001 ad esempio e largamente utilizzata in qualunque piano di progetto aziendale che abbia il senso di definirsi tale.
Il piano italiano invece prevede una serie di progetti, spesso citati vagamente e ancor più vagamente descritti, slegati tra di loro e senza una visione e una strategia generale. Mancano le reali modalità di attuazione. Manca di fatto tutto ciò che serve per redigere un piano economico.
Ma la cosa che mi ha lasciato davvero interdetto è l’idea, del tutto assurda, di richiedere una cifra molto più alta (oltre 300 miliardi) perché tanto una bella fetta delle richieste verrà bocciata. Un buttare in un sacco tutto quello che si ha a disposizione nella speranza che poi i cattivoni dell’Europa siano in grado di prendere quello che più gli aggrada.
Una visione populista e superficiale che non ha nulla di sensato e che, a mio avviso, non aveva alcuna possibilità di passare in Europa. Non a caso lo stesso Gentiloni aveva ammonito il governo italiano dichiarando che “Qualità del piano e sua attuazione sono sfide che potrebbero diventare molto difficili”.
Insomma un piano con moltissime lacune e moltissime problematiche e che non dedica gli spazi necessari ai punti fondamentali richiesti dall’UE che ricordiamo sono:
- Semplificazioni strutturali nella macchina burocratica che rendano gli investimenti attuabili
- Riforme della giustizia civile che diano certezze procedurali alle aziende
- Investimenti in infrastrutture tecnologiche
- Investimenti in vera sostenibilità
Quattro punti chiave che richiedono una capacità di progettazione e di visione notevole.