Impresa sociale e cooperazione, la luce in fondo al tunnel?
Da anni la cooperazione e le imprese sociali sono state identificate in numerose ricerche come il modello più resiliente e più adattativo al cambiamento. Sono ormai numerosissimi gli studi e gli articoli che dimostrano come il modello di impresa sociale sia molto stabile e performi (in termini finanziari, di governance e di capacità di produrre e preservare la forza lavoro) meglio delle altre società di capitale, soprattutto in fasi recessive. Si sa invece che tale modelli performano peggio in fasi espansive. Il modello cooperativo sociale dimostra quindi una stabilità notevole.
Per un piccolo investitore, un lavoratore che volesse far fruttare finanziariamente il proprio lavoro, una persona che volesse legare il suo sviluppo economico al lavoro o che ha un certo spirito imprenditoriale, la cooperativa e le imprese sociali hanno sempre rappresentato il miglior modello da scegliere.
Lavorare in una cooperativa è sicuramente appagante e permette di coniugare aspettative di valore etico con la propria professione. La possibilità di essere socio lavoratore e quindi accedere ai benefici che questo tipo di impresa permette, l’opportunità di sviluppare percorsi di crescita che altri modelli non permettono con la stessa facilità.
Quindi l’impresa sociale è esente da problemi? Rappresenta la soluzione da seguire sempre e comunque nel nuovo mondo che si sta prospettando anche e non solo a causa del Covid19?
Ovviamente le risposte a una domanda del genere non possono che essere dubitative e come al solito un bel dipende è sempre il miglior modo per cavarsela. Ma dopo 15 anni di esperienze sul campo in imprese sociali di varie dimensioni ed in molti settori, posso dire di aver compreso abbastanza bene i pregi ed i difetti di tale modello. Li ho compresi così bene che oggi difficilmente mi faccio coinvolgere direttamente in un progetto di impresa cooperativa. Ma vediamo di comprenderne i motivi e cercare strade alternative.
Nuovi modelli di organizzazione
Cosa è una DAO e come funziona
Esempi di DAO di successo
La DAO come strumento di governance per le imprese e i territori
La DAO come nuovo modello di cooperazione decentralizzata
I limiti della cooperazione
Come dicevo tanti anni di cooperazione mi hanno insegnato che questo modello, e i modelli di impresa sociale che ad esso si rifanno, hanno un grandissimo vantaggio: una testa un voto a prescindere dalla capacità economica e delle competenze di ognuno.
Questi modelli hanno anche un grandissimo limite connaturato alla loro forza: una testa un voto a prescindere dalla capacità economica e delle competenze di ognuno.
Il modello democratico della cooperazione può rappresentare un enorme vantaggio in fasi in cui la situazione è stabile e positiva, rappresenta un limite in fasi in cui la situazione è critica e ci si deve muovere con estrema velocità e competenza.
Inutile nasconderci che spesso la lentezza insista nel modello di governance permetterebbe di prendere decisioni dopo ampi e meditati percorsi democratici svincolando la governance dalle emergenze o dalle necessità contingenti. In questo modo la cooperazione dovrebbe riuscire ad affrontare meglio le fasi tempestose esterne, ma se la tempesta è interna e se essa si presenta in un periodo di difficoltà dei mercati il modello cooperativo dimostra tutti i suoi limiti.
La cooperazione, antesignana dell’1 vale 1
La cooperazione rischia di rendere sciatto il modello democratico su cui si basa proprio perché non esiste proporzione tra capacità personali, forza economica e peso democratico. Non sarebbe un problema citare questo elemento come causa di molte distorsioni.
Una dirigenza furba e autorevole abbinata ad una base sociale poco competente, sono un mix diffuso ed esplosivo grazie al quale persone senza scrupoli riescono ad andare molto oltre quanto la legge permette. Il modello è facilmente piegabile alle furberie di dirigenti senza scrupoli.
Non è un caso ad esempio se in molti report di impatto sociale o bilanci sociali ammantati di etica e valori poi trascurano totalmente indicatori che pesano proprio questi aspetti.
Quasi mai vedo pubblicati indicatori che valutano l’effettiva partecipazione alla vita democratica, il livello di consapevolezza delle scelte societarie da parte della base sociale, i livelli di competenza tecnica e finanziaria dei soci di una cooperativa. Eppure la base su cui si fonda questo modello è proprio quello del trasformare ogni singolo socio lavoratore in un piccolo imprenditore e dare ad esso la possibilità di scalare i vertici dell’impresa con estrema facilità e metodo democratico.
Diviene quindi molto facile individuare le aziende che si ammantano di immagine e di falsa etica e che nascondono qualcosa di poco chiaro: un dirigente di cooperativa con partita iva è un primo segnale, un dirigente che rimane in carica per molti mandati ne è un altro segnale. Ancora, dirigenti che passano da cooperativa a cooperativa e da settore a settore senza soluzione di continuità o che passano da ruoli nelle imprese a ruoli nelle organizzazioni datoriali, finanziarie e così via. Basta entrare nel settore per vedere come spesso questi segnali sono predominanti e standard.
Ciò non è un problema legale sia chiaro, tutto semplicemente alla luce del sole e nel rispetto delle regole. Ma ciò rappresenta il grande problema. La cooperazione è fortemente malata e non è in grado di auto-riformarsi proprio perché il peso di chi gestisce le distorsioni del sistema è largamente più importante del peso di chi cerca di riformarlo.
La DAO potrà sostituire la cooperazione?
La DAO (organizzazione autonoma decentralizzata) è un nuovo modello organizzativo che si sta imponendo nel mondo dell’innovazione dei modelli di business e che a mio avviso ha la forza per mettere in crisi e riformare il modello cooperativo.
Una DAO è un’organizzazione che viene gestita interamente da un software, totalmente online, basata sulla block chain e che rende il sistema di governance chiaro ed incorruttibile. Un modello che, una volta scritto, permette solo le regole di governance predefinite, ma soprattutto incentiva, sfruttando le regole legate alla teoria dei giochi, la partecipazione attiva di tutti gli attori spingendoli al fine ultimo della DAO stessa. Per sua natura limita cioè le opportunità per i furbetti.
Per molti l’idea che un software possa essere elemento di gestione di un’impresa o di un territorio può sembrare almeno stravagante, quando non pericoloso.
La mente corre ai libri di Asimov e ai robot che governano il mondo per distruggere l’umanità, all’intelligenza artificiale che schiavizza l’uomo. Questi racconti, lungi dal diventare realtà, danno una visione distorta della tecnologia creando frames mentali che spingono le persone allo scetticismo ed alla paura.
In realtà il mondo sta velocemente evolvendo nella direzione tracciata dalle block chain dove elementi tecnologici di garanzia dei valori e dei principi vengono scritti in semplici regole matematiche.
Ma andiamo per gradi.
Come funziona la block chain
Ma cosa centra la block chain con la cooperazione e lo sviluppo territoriale?
Vediamo di capire innanzitutto cosa è la tecnologia block chain e come funziona.
Una block chain non è altro che un insieme di informazioni scritte con un particolare protocollo matematico e residente su più computer o nodi. Supponiamo di voler scrivere sulla block chain un contratto tra due aziende. Come avviene ciò?
Per prima cosa il contratto viene convertito in regole matematiche, o se preferisci in codice informatico. Questo codice viene firmato (autenticato) da chi lo scrive. Per essere inserito nella block chain deve essere verificato ed autenticato da una certa percentuale di nodi della rete che ne verificano la rispondenza ad alcuni parametri come ad esempio il rispetto delle regole di quella chain, controllano che la firma sia regolare e così via.
Quando tutto rispetta i requisiti, e ciò viene confermato da confermato da una pluralità di nodi, viene apposta la firma cioè ne viene approvato l’inserimento nella block chain. Questa informazione viene scritta e connessa al blocco al precedente. Di fatto il nuovo blocco esiste in quanto collegato al blocco precedente ed essi si verificano a vicenda, cioè le loro firme sono interdipendenti. Proprio come gli anelli di una catena solo legati tra di loro.
Quando un altro operatore decide di depositare un altro elemento sulla block chain si procede allo stesso modo. I nodi verificano la correttezza ed integrità dell’ultimo anello, verificano la correttezza ed integrità dell’anello da aggiungere e solo quando un certo numero di nodi hanno approvato tali verifiche l’anello viene aggiunto.
In questo modo ogni anello (o blocco per essere tecnicamente corretti) esiste perché verificato e perché verifica quelli che gli stanno prima e dopo. Tutta la catena è pubblica e leggibile da tutti in chiaro anche se non tutte le informazioni inserite nel blocco lo sono.
Per fare un attacco alla block chain e modificare le informazioni in essa conservate, si deve avere il potere di modificare tutta o gran parte della catena. Ma per fare una modifica non basta un solo operatore perché ci vuole un processo di approvazione condiviso da molti nodi e non basta cambiare un singolo blocco perché esso è legato a quello precedente e successivo che a loro volta lo sono con gli altri e così via.
Ultimo passaggio per comprendere il tutto.
Operare sulla block chain è costoso (ecco perché si parla di minare che rende bene il senso della fatica). Allo stesso tempo inserire un blocco nella catena è un’attività remunerativa. Per inserire un blocco si devono risolvere dei complessi problemi matematici che richiedono computer molto costosi e tanta energia e/o tempo, ma quando si risolve un problema si può inserire il blocco e si viene pagati per ciò.
Automaticamente il sistema espelle i truffatori e premia gli onesti. Più il sistema si espande più la percentuale di minatori da corrompere per cambiare un blocco diventa grande, più il numero di blocchi da truccare diventa grande più il costo per farlo diviene alto. Tradotto: ad oggi il sistema block chain rappresenta il sistema di protezione più sicuro che conosciamo. Ma non solo, la sua sicurezza cresce intrinsecamente con la sua adozione e crescita.
Ma a cosa serve la block chain? Esiste un uso reale oltre alle crypto valute?
Ecco quindi, compreso il concetto di block chain che arriviamo al valore e all’utilizzo democratico di essa.
In una block chain non si possono solo inserire valori e scambi di crypto valute, ma si può inserire qualunque cosa. Si possono registrare oggetti virtuali quali foto, film, dipinti, codici identificativi, interi libri o regole. Ognuno di questi oggetti prevede delle regole relazionali che vengono chiamate smart contract.
Se ad esempio volessimo che la nostra impresa cooperativa o impresa sociale funzionasse con regole condivise e immutabili (se non a certe condizioni definite) non dovremmo fare altro che scrivere queste regole, definirle in maniera estremamente puntuale e caricarle sulla block chain. Una volta caricate queste regole sulla block chain (tokenizzate in termine tecnico) esse divengono immutabili al netto delle regole di mutabilità stesse definite al loro interno.
Cosa abbiamo fatto? Abbiamo caricato sulla block chain lo statuto di una impresa, il suo regolamento, i contratti con i dipendenti, le regole comportamentali e tutto ciò che ci interessa. Il tutto diviene pubblico, leggibile a chiunque con un banale browser internet, raggiungibile ovunque. Chiunque potrebbe verificare che il comportamento di una certa impresa o entità giuridica non rispetta le regole che essa stessa si è data. Sicuro ed alla luce del sole.
Ok ma tutto questo caos solo per pubblicare online un documento e delle regole? Non basta farlo con un semplice sito internet?
Se hai capito il concetto di governance decentralizzato della block chain questa domanda ha già la sua risposta, altrimenti continua a leggere.
Cambiare le interazioni non le regole
La vera innovazione sulla block chain e la sua estensione ben oltre il mondo delle crypto valute arriva con l’avvento delle dApps.
Una dApps non è altro che un insieme di smart contract scritti nella block chain, ma che funzionano in maniera coordinata. Un software scritto sulla block chain che interagisce con essa e permette alle persone di relazionarsi in maniera trasparente rispetto al codice. Un po’ quello che accade quando interagisci con un sito internet. Tu probabilmente non conosci il codice su cui esso lavoro (PHP, sql, jscript…..), vedi solo una parte grafica che ti chiede o propone delle scelte o delle azioni da fare.
Ecco le dApps fanno la stessa cosa ma con la sicurezza della block chain. Ora immagina di scrivere tutte le regole di un’azienda in una dApp e di creare un sito attraverso il quale tu carichi le tue proposte di governance dell’impresa e gli altri utenti possono interagire con essa. Quando un certo numero di persone approva una proposta la dApp esegue la regola scritta dentro di essa in maniera automatica.
Facciamo un esempio. Dobbiamo scegliere un fornitore per l’acquisto di un determinato prodotto. Chi vuole può caricare i preventivi in una dApp. Essa sottopone questi preventivi al voto di chi ne ha diritto e si preoccupa di inviare l’ordine non appena il voto passa. Con lo stesso meccanismo si occuperà di saldare il prodotto consegnato, emettere fattura, fornire la liquidità a chi quel prodotto lo deve lavorare e così via. Tutto sempre in “autonomia”. Dove per autonomia si deve intendere il volere della maggioranza di chi è deputato ad approvare quel singolo passaggio.
Dalla cooperazione alla teoria dei giochi
Ok ma cosa cambia rispetto a prima?
Apparentemente tutto sembra uguale e si riduce ad una differenza di struementi. Invece la differenza è rivoluzionaria e si basa sulla teoria dei giochi introdotta nella gestione delle dApps.
Questo sistema per funzionare deve prevedere dei sistemi incentivanti e disincentivanti come quelli previsti per i miners e quasi mai presenti nella cooperazione reale (se eccettuiamo rarissimi casi o le bustarelle).
Come per i miners, un modello del genere emette una moneta virtuale che serve per pagare il gas, cioè le operazioni di voto e di scrittura nella block chain. Si perché per scrivere nella block chain comunque dobbiamo pagare qualcuno che approvi i singoli blocchi ricordi?
Ora se un’impresa invece di andare in borsa crea delle azioni tokenizzate (una sua crypto moneta) e le utilizza per premiare chi partecipa alla vita democratica della stessa il gioco cambia. Se utilizza queste azioni per pagare i dipendenti ed i fornitori, se le utilizza per la sua vita interna e non solo abbiamo chiuso il cerchio.
Ogni volta che l’azienda cresce io riceverò un vantaggio. Il vantaggio potrà essere legato anche solo al fatto che il valore del token (della valuta o dell’azione se preferisci) crescerà. L’azienda diviene un mio investimento.
Se un dipendente investe e partecipa alla vita dell’azienda in maniera consapevole ed informata ottiene il massimo vantaggio e quindi è propenso a collaborare. Ma essendo le regole non in mano ad un attore del gioco (il CdA ad esempio che è soggetto non indipendente), ma ad un contratto scritto in maniera immutabile online, facilmente accessibile e chiaro, il gioco tende verso il suo optimum.
Si tratta quindi di sfruttare i sistemi trustless cioè sistemi che non richiedono la fiducia in nessuno. Investire in un’azienda richiede la fiducia che il suo CdA la condurrà secondo le regole, così come investire in o tramite una banca e così via. In un mondo dove la fiducia verso gli altri è sempre più carente, questo sistema permette non solo di essere tranquilli, ma soprattutto di sviluppare community relazionali che ricostruiscono la fiducia tra i partecipanti.
Vuoi costruire un percorso di sviluppo territoriale?
Le soluzioni e gli esempi di sviluppo sostenibile sono tanti quanti sono gli abitanti del pianeta. Ognuno di noi può trovare idee e soluzioni innovative per far crescere la sua azienda o il suo territorio. Sempre più imprenditori o amministratori si accorgono che oggi far crescere un’organizzazione vuole anche dire essere responsabili verso l’ambiente, il territorio, il futuro.
Se vuoi valutare i benefici di uno sviluppo etico per la tua realtà basato sulle solide basi che hai letto in questo articolo non esitare a contattarci. Insieme possiamo progettare un nuovo approccio.
Sfidare il modello della cooperazione
Le DAO ed in generale i modelli trustless stanno quindi innovando e gettando le basi per una cooperazione che si basi su regole certe e sulla totale assenza della necessità fiduciaria, della necessità cioè di fidarsi di un qualche organismo intermedio che debba garantire il rispetto delle regole. Come puoi immaginare ci saranno forze gigantesche che si opporranno all’adozione di tali modelli.
Come puoi vedere dal filmato esistono ormai decine e decine di progetti a livello mondiale di grandissimo successo e migliaia di progetti che sperimentano costantemente nuove strade e nuove possibilità.
Ciò che li accomuna tutti è la chiarezza delle regole, la totale assenza di un organismo intermedio a tutela del rispetto di tali regole, la possibilità per chiunque di proporre nuove regole.
Il rispetto del valore democratico di tali organizzazioni quindi supera quel pericoloso concetto di “una testa un voto” che è stato la grande forza della cooperazione, ma che rischia anche di esserne il carnefice in un periodo storico in cui l’opinione e la verità oggettiva rischiano di assumere lo stesso peso.
Ecco allora che la teoria dei giochi spinge le persone a cercare il meglio per sé facendolo coincidere con il meglio per la comunità, espellendo chi non rispetta le regole e strutturando una metodologia che tende sempre e costantemente all’optimun per la comunità.
Forse siamo di fronte all’alba di un nuovo modello democratico. Se questo modello diverrà davvero un punto di riferimento, se si affiancherà all’attuale modello o se sarà semplicemente un esperimento fallimentare non tocca a noi dirlo, questo ruolo spetta alla storia. Spetta a noi divulgare un modello nel quale crediamo fermamente e che forse è l’unico in grado di distruggere la cooperazione per salvarla e ricostruirla dalle sue ceneri.