Perché parliamo di emergenza climatica
Prima di entrare nel merito dell’articolo vorrei fare una premessa semantica che solo semantica non è: dobbiamo smetterla di parlare di cambiamenti climatici.
La locuzione “cambiamenti climatici” risale probabilmente ad una battaglia portata avanti negli anni ’80 dalle grandi aziende del fossile spaventate dal fatto che utilizzare termini come “riscaldamento globale” o “emergenza climatica” comporta un problema: questi termini stimolano le persone all’azione.
L’idea tanto affascinante quanto terribile e che presenta notevoli dati a suo favore, è presentata da Michael Mann nel suo famoso libro “La nuova guerra del clima” di cui parliamo spesso e ripresa nel mio ultimo libro.
Il problema che vorrei sollevare però non è tanto su chi sia stato ad imporre questo shift lessicale che in realtà sottende un cambio di frame mentale o se preferici di paradigma, ma il fatto che il concetto che solleva Mann è profondamente reale perché legato alla psiche umana.
Cambiamento climatico è spesso associato a cambiamento del tempo metereologico. Poche persone conoscono la differenza tra clima e meteo e poche persone si rendono conto che il clima non dovrebbe cambiare in maniera forte nel tempo come il meteo.
Le stagioni, la temperatura di una giornata, il cielo sereno sono spesso considerate caratteristiche climatiche e quindi la loro variabilità è normale. Il tempo geologico invece non è per noi percepibile, la nostra vita è troppo corta, le variazioni climatiche vengono così associate alla variabilità del meteo.
Tutto ciò si traduce nella valutazione che in fondo ciò che sta accadendo è normale, è sempre accaduto e sempre accadrà. Questo pensiero, per quanto profondo e non conscio, è invece molto forte ed estremamente pericoloso perché si appoggia su un bias solidissimo: il confirmation bias.
Tutto ciò che è consolatorio, che consolida idee comode e che ci allontanano dalle proeccupazioni o da faticose riflessioni, che semplicemente confermano ciò che vorremmo fosse vero divengono per il nostro cervello la realtà. Ma se il clima non cambia e tutto è sempre nell’ordine delle cose, allora non serve preoccuparsi o cambiare le nostre abitudini; in altre parole non serve agire.
Il concetto di cambiamento climatico sarebbe stato coniato ed instillato con forti investimenti nella nostra società per spingerci a non agire e adagiarci nello status quo. Lungi da me ogni complottismo, queste tesi sono dimostrate con verbali di riunioni, fondi stanziati, giornalisti e scienziati prezzolati per una battaglia che dura da decenni.
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Dalle comunità marginali all’economia della risonanza”.
Il pericolo dell’inattivismo
Ecco il perché della pericolosità di questo modo di pensare che si traduce in realtà in modo di agire e di comportarsi. Pian piano consideriamo normale non fare nulla e non agiamo più.
Questo ed altri bias sono costantemente utilizzati nella comunicazione, ne parlo nel video che vedi qui a sinistra. Oggi più che mai nelle nostre discussioni quotidiane è fondamentale sostituire la locuzione “cambiamenti climatici” con “riscaldamento globale” o ancora meglio con “emergenza cliamatica”, perché di vera emergenza si tratta.
Cosa è il rapporto Copernicus
Il Rapporto Copernicus o Lo Stato del Clima è uno studio prodotto dall’Unione Europea e del servizio Copernicus, un servizio specializzato sullo studio delle condizioni climatiche del pianeta e dell’Europa in particolare.
Lo studio si concentra sull’analisi delle condizioni climatiche nel nostro continente facendo un focus sulle condizioni più pericolose su cui fare poi dovrebbe concentrarsi l’agire politico.
Nell’ultimo rapporto pubblicato (relativo all’anno 2021) ci si focalizza in particolare sull’aumento delle temperature, sulle ondate di calore terrestri e marine, sulle condizioni meteorologiche estreme, sul cambiamento dei modelli delle precipitazioni e sul ritiro di ghiaccio e neve.
Si tratta di fenomeni molto importanti perché sono quelli che hanno maggiore impatto nel breve e nel lungo periodo e che causano perdite economiche ed ambientali maggiori e con maggiori evidenze.
Per combattere l'emergenza climatica dobbiamo agire oggi
Le Comunità Energetiche Rinnovabili possono essere una soluzione sviluppata da noi cittadini senza attendere la politica ed il suoi tempi ed interessi. Agire dal basso comporta numerosi vantaggi tra cui anche vantaggi economici per noi che ci impegnamo per il futuro del pianeta.
Abbiamo sviluppato decine e decine di percorsi di innovazione sociale per le finalità più variegate: dalla mera analisi dei bisogni di un territorio alla progettazione di una struttura, dalla identificazione dei servizi mancanti alla progettazione di questi servizi, dalla creazione di cooperative di comunità alle comunità energetiche……
La nostra esperienza e quella dei nostri partner in questi ambiti è stata pionieristica. Abbiamo iniziato a parlare di questi temi già nel 2005 quando ancora non esisteva il concetto stesso di innovazione sociale ed abbiamo continuato sviluppando modelli di partecipazione specifici per ogni tema ed ogni situazione.
Se vuoi realizzare un percorso territoriale, se vuoi formarti, se vuoi collaborare con noi perché hai in mente un tuo percorso partecipativo ma non sai da dove iniziare non esitare a contattarci.
I dati sullo stato del clima: l’emergenza climatica nei numeri
I dati non lasciano margini di discussione, tutti i trend indicano una corsa che ha due caratteristiche: porta inevitabilmente verso il disastro ed ogni anno accelera sempre di più.
Non possiamo più permetterci dibattiti, dobiamo agire perché i danni ambientali sono davvero davanti agli occhi di tutti. Non serve ricordare che ormai i tornado sono fenomeni che possono verificarsi con discreta potenza in regioni dell’Italia come l’Emilia, il Lazio, le regioni ioniche e la Sicilia. I medicane hanno sempre più forza nelle aree del sud Italia.
Abbiamo assistito nell’autunno, non-inverno 2023 ad alcuni fenomeni con le caratteristiche da medicane persino in alto Adriatico, fenomeni che solo a causa dell’orografia non sono riusciti a sviluppare la loro potenza, ma hanno comportato innalzamenti marini mai visti ed ingressioni marine un po’ lungo tutte le coste dell’Emilia-Romagna e del Veneto.
Se però ci fermiamo a quello che ci segnala il report non possiamo non notare come le temperature medie europee ormai aumentano costantemente ad un ritmo di 0.5°C ogni 10 anni. Potrà apparentemente sembrare poco, ma se pensiamo che un aumento di 2 gradi sul 1990 è il massimo che gli scenziati ci dicono possa essere tollerabile, abbiamo presto fatto il conto.
Questo aumento si traduce in moltissimi e gravi fenomeni che divengono visibili ed impattano direttamente sulla nostra economia. La neve è una di queste e nel non-inverno del 2023 abbiamo visto la stagione sciistica completamente saltata a causa dell’assenza di neve.
La barzelletta è arrivata a metà Febbraio quando il ministro del Turismo Santanché avrebbe affermato che ciò ha aspetti positivi perché così possiamo sparare neve artificiale creando lavoro e rimpinguando le falde freatiche assetate.
Stendiamo un velo pietoso sulle dichiarazioni dei nostri politici, non possiamo però non notare che i nostri ghiacciai si sono ritirati di ben 30 metri in 4 anni. Non certo valori da prendere alla leggera e su cui scherzare perché sono la nostra fonte di acqua potabile.
Se volessimo soffermarci solo sul tema economico sarebbe sufficiente citare i 50 miliardi di euro di perdite economiche legate direttamente ai disastri ambientali del 2021, che per l’84% sono stati caratterizzati da inondazioni e piogge torrenziali.
Dobbiamo poi citare l’importante crisi idrica che attanaglia tutto il continente dal 2020 comportando una scarsità di questa risorsa. Luoghi dove prima era considerata abbondante come l’Olanda iniziano ad attuare opere di ingegneria naturalistica su vasta scala, alcuine aee alpine italiane nel gennaio 2023 sono state supportate con approvvigionamenti di acqua potabile con autobotti.
Se prendiamo in considerazione il Sesto Rapporto sul Clima del”IPCC non possiamo non segnalare che l’Europa viene identificata come un Hot Spot, un punto caldo, un luogo cioè dove il riscaldamento globale rischia di colpire più duramente con:
- Innalzamento delle temperature superiori alle medie mondiali
- Ondate di calore terrestri e soprattutto marine con frequenza ed intensità superiore al resto del pianeta
- Inverni con un aumento delle precipitazioni nel nord Europa mentre d’estate aumenterà il livello di siccità in tutto il bacino mediterraneo
Queste “previsioni” si dimostrano totalmente in linea con i fenomeni rilevati nell’ultimo decennio e si prevedono per il continente europeo nel decennio 2020-2030 oltre 400.000 fenomeni estremi, parliamo di 40.000 fenomeni estremi l’anno, quasi 110 fenomeni estremi al giorno nel nostro continente.
Conclusioni
Questi dati dovrebbero renderci, se ce ne fosse ancora il bisogno, chiaro che dobbiamo agire oggi senza se e senza ma ed agire con tutte le nostre forze.
C’è da dire che a livello politico macro nel nostro continente c’è una relativa consapevolezza di questo problema e l’Europa si è costantemente dimostrata capofila nella lotta all’Emergenza Climatica.
Sempre il report ci segnala come le emissioni di gas serra in Europa siano diminuite di oltre il 30% negli ultimi 30 anni ed il trend del 55% della riduzione delle emissioni al 2030 sembra un obiettivo raggiungibile. L’Europa inoltre sembra riuscire a costruire un modello virtuoso per cui l’economia, che dovrà necessariamente cambiare in maniera drastica, riesce a tenere il passo di questo cambiamento.
Quello che ancora manca è una capacità di agire a livello di Consiglio d’Europa cioè di quel luogo decisionale dove sono i capi politici a confrontarsi (cioè i politici eletti dai singoli stati) e non gli eletti dal popolo europeo. Dove l’interesse singolo predomina le politiche europee raggiungono il massimo della miopia e dell’egoismo poco lungimirante.
In questo consesso si muovono azioni di blocco delle limitazioni all’uso del gas, della transizione ecologica delle auto (qui l’Italia gioca un ruolo di freno notevole) ed altri esempi.
Ecco perché il nostro agire è importantissimo: i rappresentanti dei singoli stati credono di dover difendere la voce dei loro cittadini e si fanno interpreti di piccoli egoismi anche se molto più spesso difendono semplicemente gli interessi di aziende lobbistiche che riescono a portare peso e autoritarismo alle loro porte.
Dobbiamo agire e farci sentire perché i nostri politici si rendano conto che il continente europeo ed il popolo europeo è più avanti dei loro piccoli egoismi e vede oltre, come vede oltre il parlamento europeo.