First Republic Bank
Un altro caso isolato. Un’altra crisi delle banche e un altro, l’ennesimo, caso apparentemente isolato.
È paradossale come in sequenza il crollo della Silicon Valley Bank, di Signature Bank, di Credit Suisse e infine della FRB siano tutti da considerare casi isolati.
Paradossale perché se analizziamo queste crisi bancarie vediamo come di fatto il problema che le ha causate grossomodo è sempre più o meno lo stesso: dopo la crisi del 2008 la situazione non è migliorata, ma peggiorata.

Il “caso isolato” della First Republic Bank
Come è facile immaginare non stiamo parlando di casi isolati ma di un mercato, quello finanziario e delle banche in particolare, che dopo la crisi del 2008 doveva ristrutturarsi e riformarsi dall’interno. “Mai più un 2008” lo abbiamo letto in tutte le salse e ascoltato da tutti i grandi politici e finanzieri internazionali. Ma qual’è la realtà?
Facciamo un passo indietro. La crisi del 2008 fu causata da un sistema speculativo legato all’edilizia, ma lo schema era attuato in tutti i settori possibili. Lo schema è il modello stesso e non una sua distorsione.
Nel 2008 la crisi bancaria e la bolla speculativa scoppiò perché la corda era troppo tesa. Le banche facevano mutui ai cittadini per acquistare una casa. Spesso i mutui erano erogati con condizioni non calibrate sulle reali capacità di restituire il danaro da parte del cliente della banca.
Se il cliente non riusciva a pagare il mutuo o andava in crisi la banca proponeva la vendita della casa, l’acquisto di una casa più grande e l’accensione di un nuovo mutuo. La cosa spesso si ripeteva più volte. In altri casi invece si proponeva un ulteriore mutuo per coprire il mutuo che non si riusciva a pagare.
Per il cittadino il meccanismo veniva visto come un premio, un riconoscimento, un favore che la banca concedeva. Una tossica dilazione dei pagamenti invece della perdita della casa. Nessuno lo percepiva per quello che era: un cappio al collo di entrambe gli attori che pian piano si stringeva sempre di più.
Il cappio era al collo dei due contraenti perché la banca e gli agenti vedevano solo gli utili immediati da mettere a bilancio. Soldi che apparentemente entravano (il nuovo mutuo e le relative commissioni) ma che in realtà non potevano entrare perché il cliente era già insolvente.
Questo sistema era facilitato dal meccanismo della riserva frazionaria. Lo accenniamo velocemente senza entrare nei dettagli.
aIl concetto di riserva frazionaria e la crisi delle banche
Uno degli elementi chiave in questa storia è la riserva frazionaria. Provo a farti un semplice esempio per capire grossomodo come funziona.
Supponiamo che la tua banca abbia nel suo caveau 100 milioni di euro.
Supponiamo che tu voglia acquistare una nuova casa dal costo di 700.000€. Ti rechi in banca e chiedi un mutuo. La banca ha i soldi e te lo concede. Ora tu hai sul tuo conto 700.000€ da spendere e, per semplicità, 300.000€ di interessi da restituire in 20 anni.
Quindi oggi la banca ha liquidi 99,3 milioni di euro e tra 20 anni avrà 100,3 milioni di euro. Ci sei? Corretto?
Sbagliato! La banca può fare riserva frazionaria e quindi ha ancora 100 milioni di euro.
Ecco come funziona: nel momento in cui tu ti impegni a pagare il mutuo, cioè firmi il contratto, la banca può mettere a bilancio quel contratto e quindi considerare il suo patrimonio liquido pari a 100 milioni di euro.
Ora supponiamo che dopo di te arrivi una grande azienda e chiede un prestito di 50 milioni. Stesso meccanismo. La banca li concede. La banca ha liquidi nel caveau 49,3 milioni, ma a bilancio ha sempre 100 milioni. La banca è sanissima, i suoi utili crescono grazie agli interessi ed alle commissioni, ha in cassa tutti i suoi soldi (apparentemente).
Ma la banca, avendo nominalmente ancora 100 milioni di euro in cassa, può concedere un terzo mutuo, diciamo di altri 40 milioni, ad un’altra banca per fare speculazioni finanziarie varie. Ora la banca si trova in cassa soldi reali per 9,3 milioni di euro.
Ma contabilmente la banca può dichiarare di avere sempre i sui 100 milioni e quindi di essere solidissima e con utili enormi derivanti dagli interessi. Questa è la riserva frazionaria. Le banche cioè non devono avere necessariamente tutta li liquidità che dichiarano e che possono utilizzare, ne hanno molta molta meno. Di fatto le banche stampano denaro per riempire contabilmente di liquidità finta un caveau finto.
Dopo la crisi del 2008 molti stati e l’Europa hanno posto dei limiti alle possibilità di fare riserva frazionaria, ma tali limiti in alcuni casi sono stati del tutti marginali, in altri sono decaduti nel tempo, altri ancora ci hanno provato ma sono tornati sui loro passi.
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Dalle comunità marginali all’economia della risonanza”.
Come si inceppa il meccanismo?
Se il concetto di riserva frazionaria ti è chiaro, forse inizia ad esserti anche chiara la genesi delle crisi delle banche.
Basta una notizia, un crollo di qualunque tipo, un problema contingente ed il castello di carta viene giù.
Supponiamo ad esempio che l’azienda che ha preso in prestito i 50 milioni fallisca. Non restituirà i soldi alla banca. Si sparge la voce ed i cittadini hanno paura, quindi corrono a ritirare i loro soldi dai conti correnti, diciamo 15 milioni di euro vengono richiesti agli sportelli, ma la banca ne ha appena 9.
La banca fallisce.
Questo è solo uno dei tanti esempi possibili.
Un altro meccanismo è legato alle scoperture finanziarie. Cioè le banche non tengono i soldi liquidi, ma li investono. Più gli investimenti sono rischiosi più gli interessi sono alti. C’è di fatto l’incentivo ad investire in titolo speculativi ad alto rischio. Di solito ciò avviene tramite strumenti molto articolati come i derivati, attraverso il mercato secondario ed altri strumenti complessi accessibili spesso solo a queste realtà.
In questo mercato vengono creati titoli speculativi che le banche producono le une per le altre, scommesse o se preferite assicurazioni sul rischio e altre transazioni di denaro che permettono alle banche di coprirsi e finaziarsi a vicenda.
Un altro modello che sta dimostrando tutti i suoi limiti è l’utilizzo enorme di prestiti dalle banche centrali. Abbiamo assistito in questi anni alla stampa di una mole incredibile di denaro (ovunque nel mondo) a tassi bassissimi. Lo scopo era immettere liquidità per aiutare le imprese a rilanciare l’economia.
Il problema è che solo una piccola parte di questo denaro è arrivato alle imprese ed all’economia reale. La maggior parte invece si è fermata nella finanza. Di fatto il denaro veniva reinvestito tra le banche “producendo” altro denaro. Una stampante totalmente slegata dall’economia reale sottostante.
Ciò ovviamente ha causato una bolla chiamata inflazione. Ma se l’inflazione cresce le banche centrali sono “costrette” ad alzare i tassi di interesse per contenerla.
Ciò comporta due problemi:
– l’economia reale, già in crisi, viene strozzata
– gli investimenti speculativi non sono più remunerativi ma improvvisamente vanno in perdita.
Risultato? Le aziende chiudono comportando perdite per la finanza, gli investimenti vanno in perdita, il sistema implode.
Questi solo alcuni degli esempi di un meccanismo malato, non una serie di casi isolati come viene raccontato dalla stampa.
“Non capiamo da dove derivi questa inflazione”
Le parole di Christine Lagarde sono state un evento disarmante. La presidente della BCE, l’organismo europeo di regolazione finanziaria, quell’organismo che ha con Mario Draghi utilizzato il bazooka della stampa di denaro, non riesce a comprendere come una stampa così massiccia possa provocare inequivocabilmente inflazione da bazooka.
Oggi sia la FED che la BCE si accorgono che la situazione è molto rischiosa. I grandi dirigenti delle banche centrali ci segnalano che il rischio di una recessione sia sempre più vicino e concreto.
Il dibattito è fortissimo e le soluzioni alquanto assenti. Le due leve utilizzate dalla rivoluzione francese ad oggi sembrano essersi inceppate.
Se l’inflazione va su si alzano i tassi di interesse che permettono di contenerla, ma rallentano l’economia. Ciò comporta che i prezzi si abbassano, le persone ricominciano a spendere facendo ripartire l’economia.
Se l’inflazione va giù si abbassano i tassi di interesse, gli investimenti diventano più abordabili, si acquista di più. L’economia galoppa fino a che l’inflazione non cresce di nuovo ed il ciclo ricomincia.
Ma cosa accade se i tassi sono giù, la liquidità nel mondo reale non arriva, l’inflazione si alza, l’economia rallenta?
Uno scenario troppo complesso per essere affrontato con le sole leve dei tassi di interesse e della stampa di denaro.
L’economista non riesce a comprendere il nuovo scenario perché i suoi modelli non contemplano questa situazione.
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Abbiamo sviluppato decine e decine di percorsi di innovazione sociale per le finalità più variegate: dalla mera analisi dei bisogni di un territorio alla progettazione di una struttura, dalla identificazione dei servizi mancanti alla progettazione di questi servizi, dalla creazione di imprese di comunità alle comunità energetiche……
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Vie di uscita? Nessuna se ad essere sbagliato è il modello.
Non essendo un economista non sta certo a me proporre delle vie di uscita o delle soluzioni ad un problema così complesso.
Posso solo limitarmi a evidenziare un problema.
Sicuramente oggi non investirei un centesimo in titoli o in un settore che reputo fortemente a rischio. I segnali a mio avviso sono evidenti e siamo solo all’inizio di una serie di crisi delle banche che porbabilmente non ci abbandonerà nei prossimi anni.
Non credo che si troverà una soluzione perché, di fatto, non stiamo parlando di strumenti sbagliati, ma proprio di un modello che non funziona.
È l’economia classica basata sulla crescita infinita in un pianeta finito che dimostra il suo fallimento.
Siamo su di un pianeta finito, quindi abbiamo risorse finite. Non vi è nulla di nuovo o rivoluzionario in questa affermazione. Eppure le soluzioni e gli strumenti che si mettono in atto mirano tutti a perpetrare una crescita indefinita.
Il concetto base che il denaro ha valore perché si basa su un sottostante si è completamente perso.
Stampare più denaro se le risorse del pianeta sono sempre quelle non vuol dire produrre più risorse e più ricchezza, vuol semplicemente dire diluire il valore di quel denaro, rendendo quasi tutti più poveri. In una sola parola: inflazione.
I soli che ci guadagnano sono coloro che possono muovere quantità enormi di denaro e per i quali il crollo del suo valore non ha alcun significato perché comunque ne hanno più di quanto potranno mai utilizzarne. Se hai 10 miliardi di dollari, un 10% di inflazione non ti sposta nulla nella vita, se guadagni 12.000$ l’anno quel 10% ti toglie uno stipendio, per un mese tu non hai nulla dal tuo lavoro. Hai lavorato gratis, ma quel mese dovrai mangiare e continuare a vivere.
Le tante emergenze climatiche e sociali invece convergono e dimostrano come non ci sia soluzione alternativa al cambiare scenario politico ed economico. Null’altro da fare.
Finché il modello si baserà su quanto possiamo crescere e su quanto denaro possiamo stampare, il modello è destinato a fallire.
Temo che l’unica soluzione sia sostituire quanto prima le figure ed i ruoli apicali dei vari paesi togliendo da quelle poltrone chi questo modello lo ha idealizzato fino a condurci in questa situazione. Persone che solo pochi anni dopo che il modello aveva dimostrato al mondo tutte le sue crepe, ci hanno detto che non sarebbe successo mai più.