Sostenibilità urbana: città 30 come risposta?
Bologna diviene la prima grande Città 30 d’Italia. Una scelta forte che vuole proporre la città emiliana come avanguarda della sostenibilità. Secondo alcuni invece Bologna diventerà, in pochissimo tempo, la città più caotica del nostro paese.
Il dibattito sui social come al solito si scatena con tutta la polarizzazione che è tipica di questi temi, in una città dove i problemi di mobilità sono notevoli; basti citare la tangenziale perennemente intasata, il passante nord con tutte le problematiche ambientali correlate, un centro dove la circolazione è a dir poco caotica e così via. Non entriamo nel dibattito relativo alle scelte di parte e proviamo invece a concentrarci su cosa potrebbe voler dire per Bologna, e per altre città italiane, questa scelta.
Cerchiamo di capire, come nostra prassi, se le esigenze dell’economia, della salute e della libertà di mobilità si possano conciliare con una scelta così drastica ed importante.
Mobilità sostenibile e città, un po’ di numeri
L’Unione Europea ha fissato standard per le nostre città che dovrebbero raggiungere il livello Net Zero entro il 2030, un viaggio per diventare realmente sostenibili. Questi obiettivi sono però sposati solo da 5 grandi città (Bologna, Firenze, Milano, Roma e Torino), mentre le altri grandi hanno preferito un più prosaico e tranquillizzante (per le attuali amministrazioni) 2050.
Una delle priorità di qualunque città sostenibile non può non essere la riduzione dell’impatto da trasporto pubblico.
Autobus e altri mezzi dovrebbe azzerare le emissioni dirette, ma dovrebbero anche essere più frequenti e capillari per limitare il trasporto privato. Se provassimo a fare un’ideale lista degli obiettivi da raggiungere entro il 2030, allora ci renderemmo conto che tra le città italiane la sola Milano ha fatto circa l’80% del percorso necessario, mentre la maggior parte delle città staziona ben sotto il 30% (Dati Istat su elaborazione Kyoto Club).
Un altro aspetto essenziale per città sostenibile e a misura d’uomo sarebbe una presenza importante di piste ciclabili. Provando ad identificare un parametro standard minimo di km di piste per abitante tali da permettere a tutti gli abitanti una fruizione decente della città possiamo calcolare il deficit presente oggi in Italia. Da questa analisi si ricava che solo Venezia si attesta ad un 58% di deficit, servirebbero cioè il 58% in più di piste ciclabili (in termini di km per abitante) per raggiungere una vivibilità sufficiente. Il resto delle città italiane presenta una carenza di ben oltre il 70% rispetto agli standard individuati (studio Fiab-Kyoto Club). Il confronto con gli standard Europei poi è davvero impietoso.
Un altro indicatore di misurazione delle performance ambientali di una municipalità è la presenza di mezzi di mobilità condivisa: bici, auto ed altri veicoli in sharing a disposizione dei cittadini per numero di abitanti.
Le soglie individuate con lo stesso meccanismo delle piste ciclabili (numeri di mezzi/numero di abitanti versus obiettivo 2030) dimostrano come anche in questo indicatore la strada da fare sia tantissima. Se città come Helsinki hanno da tempo superato i valori di riferimento, le città italiane dimostrano di essere largamente sotto target con città se dimostrano un defici ben oltre il 90% del valore di riferimento (mancano il 90% dei mezzi necessari per raggiungere un livello di servizio definibile sufficiente).
In un indicatore invece le nostre città spiccano in Europa, non certo positivo. Parliamo del tasso di motorizzazione. Il nostro paese è uno dei paesi con il tasso di motorizzazione più alto al mondo e di conseguenza un obiettivo di decarbonizzazione parte decisamente monco. In questo caso si è provato a verificare quanto siano lontane le città italiane dall’obiettivo che si ritiene necessario per il 2030: il dimezzamento del numero di auto.
Questo obiettivo, se raggiunto, dovrebbe già da sè rendere le città molto più vivibili. Parigi dimostra che tale obiettivo è assolutamente raggiungibile ed infatti se la regione della capitale francese misurava nel 2021 un tasso pari a 450 auto/1000 abitanti, nella città si è raggiunto un più interessante valore di 275 auto/1000 abitanti. Ciò dimostra che politiche intelligenti attuate in città e non nel resto del territorio possono essere efficaci in tempi relativamente brevi. Ancora più drastica la riduzione di Londra che oggi misura 205 auto su mille abitanti.
Bologna è nella Motor Valley, un territorio che ha un vero culto per il motore a scoppio e quindi qui la sfida è sicuramente più complessa anche per motivi culturali.
Visto quanto sopra assume un valore importante la ripartizione modale, cioè il riuscire a distribuire le persone in movimento su più mezzi di trasporto. Lo studio ISFORT presenta proprio questa analisi individuando una ripartizione multimodale del 65% come obiettivo raggiungibile per l’Italia. Tradotto il 65% degli spostamenti dovrebbe essere intermodale e non con la sola auto privata.
Quando feci il corso da Mobility Manager ormai più di 10 anni fa, l’intermodalità era vista ed insegnata come un male perché il cambio di mezzo è un punto di resistenza. Oggi sempre più si comprende come in realtà non sia il cambio di mezzo in sé il problema, ma la sua complicatezza. Un utente in città come Parigi, Londra o la stessa Milano non ha alcuna difficoltà a passare dall’auto, alla metropolitana, al monopattino, poi di nuovo alla metropolitana. Diviene naturale. È necessario che sia naturale e non una scelta forzata.
La fattibilità di questi obiettivi è dimostrata da città come Madrid, Amsterdam o Berlino che hanno raggiunto e superato tale obiettivo. Come al solito parliamo di punti di riferimento sfidanti, ma non irragiungibili. La volontà politica è il solito elemento chiave del tasso di successo.
La transizione ecologica, soluzioni strategiche
Siamo partiti negli anni 20 anni fa con le zonizzazioni acustiche, poi siamo passati agli ampliamenti delle piste ciclabili e delle ZTL. Oggi sempre più ci stiamo rendendo conto che le città devono essere riviste, riprogettare e vissute come organismi viventi.
L’approccio alla pianificazione territoriale deve essere strategico e non può essere mero elemento tecnico di un singolo ufficio. Sempre più la multidisciplinarietà diviene la base decisionale chiave.
Da anni seguiamo progetti di sviluppo sostenibile delle aree urbane o di territori complessi, anche grazie all’utilizzo di strumenti di coinvolgiemento positivo e proattivo della popolazione.
Abbiamo imparato che la progettazione partecipata può divenire elemento di condivisione di responsabilità, una strategia vincente per cittadini e politici.
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Bologna 30, i numeri di una scelta
In questo video cerco di analizzare il progetto Bologna 30 e di capire come viene declinato in questa città. Sarà un percorso complesso e della durata di vari anni, verranno investiti molti soldi e i cittadini dovranno cambiare molte abitudini.
Ci saranno anche molte contraddizioni. Qual’è la strada giusta? Ascolta il video per scoprire cosa c’è dietro questo progetto.
La sicurezza stradale, una foglia di fico?
Di recente è stato presentato il DdL Salvini sulla mobilità urbana, un disegno di legge che vorrebbe intervenire in maniera importante sul tema.
Il Coordinamento delle Associazioni Città 30 è intervenuto attaccando e criticando in maniera importante tale disegno di legge e proponendone uno di iniziativa popolare. A detta del coordinamento, la proposta Salvini presenta notevoli passi indietro rispetto a quanto ottenuto fino ad oggi con difficolta.
Il coordinamento parte subito all’attacco segnalando che, se si volesse realmente intervenire per salvare vite umane, allora non ci sarebbero alternative: serve una accelerazione della transizione verso le Citta 30.
In realtà il coordinamento propone un drastico taglio della velocità fino a 20km/h.
Il disegno di legge Salvini, che vorrebbe perseguire lo stesso obiettivo (la tutela delle vite umane), colpisce pesantemente chi fa uso di sostanze, ma nulla dice sui limiti di velocità in aree urbane, che rimangono sostanzialmente invariati.
Il coordinamento da una parte conferma che la strategia di lotta contro la guida sotto l’influsso di sostanze psicotrope è assolutamente da combattere, ma evidenzia come non ci si possa nascondere dietro un dito: questi comportamenti sono la causa di solo il 4% degli incidenti stradali. Il coordinamento ricorda ancora come ben il 70% degli incidenti stradali avviene proprio in aree urbane e spesso la causa sono disattenzione e alta velocità.
Quindi il disegno sarebbe assolutamente privo di incisività.
Paradossale poi che si intervenga nel limitare l’utilizzo degli autovelox, uno dei pochi strumenti che hanno dimostrato grande efficacia nelle aree urbane. Evidente che tale scelta sia meramenti opportunistica ed alla ricerca di facile consenso.
Sempre nella stessa direzione poi vanno alcuni punti del disegno di legge che mirano a disincentivare l’uso dei monopatti e, paradossalmente, delle biciclette riducendo la possibilità di realizzare nuove piste ciclabili e rendendone più complesso l’utilizzo.
Il tutto risulta quantomento incomprensibile.
È assurdo, ancora, che il ministero arroghi a sé, complicando ulteriormente, molte delle procedure relative all’allargamento delle ZTL, alla realizzazione di nuove piste ciclabili o in generale alle politiche di riduzione dell’uso dell’auto privata. Come se si volesse tenere sotto controllo la transizione ecologica delle nostre città, centralizzando tutte le scelte per evitare che qualcosa sfugga al controllo.
Traspare una sorta di paura della transizione, una paura a liberare le energie e le scelte locali.
Ancora più paradossale che ciò sia fatto nel nome e per conto del partito della decentralizzazione e dell’autonomia, valori evidentemente sbandierati solo a parole.
Questa proposta di legge pare invece avere un suo disegno generale molto chiaro: limitare al massimo la mobilità sostenibile, disincentivare l’abbandono dell’auto privata, limitare la realizzazione di Città 30 e comunque città sempre più “amiche” dei cittadini, limitare utilizzo di qualunque mezzo sostitutivo dell’auto termica.
Una inversione di rotta rispetto al passato ed all’Europa che non può non preoccupare per il futuro.
Conclusioni: imparare a scegliere
Mentre tutta Europa va in una direzione chiara con il numero di progetti di Città 30 in continua ascesa, il nostro governo inverte la rotta.
Si dichiara pubblicamente di voler combattere le vittime della strada, ma si costruisce un disegno organico che mira esattamente al contrario: rispostare le persone sulle auto private con motore termico, disincentivando mezzi alternativi più sicuri e meno inquinati.
Una mossa che tenta di fermare il vento con le mani, un danno economico che rischia di essere enorme per il nostro paese sia per la perdita di competitività che per i costi relativi agli incidenti stradali che caratterizzano pesantemente il nostro Paese.
Siamo convinti che la battaglia sarà durissima e dovrà essere portata a tutti i livelli.
Risulta quindi molto importante sostenere quelle città e quei sindaci che avviano percorsi di transizione chiudendo le città alle auto o limitandone l’utilizzo. Questo perchè, come abbiamo visto, non solo tutti i paesi più civilizzati vanno in quella direzione, ma soprattutto perché limitare le auto, limitarne la velocità vuol dire salvare vite umane.
Ultimo ma non ultimo, le Città 30 posso essere una sorta di cavallo di Troia verso la sostenibilità perché, dove attuate bene, producono cultura e cambiamento.
Due appunti finali per due mondi contrapposti.
Il primo appunto è rivolto al mondo dell’ambientalismo. Credo che le soluzioni che portano verso la sostenibilità ambientale vadano sorrette sempre e comunque, anche quando ci sono dubbi. Questo perché abbiamo bisogno di cambiare la cultura generale in fretta. L’esempio evidente è Bologna dove il mondo ambientalista mette in contrapposizione la Città 30 con il passante Nord. Riuscire a svincolarsi da questa tentazione è a mio avviso importante. Una soluzione green deve essere sposata e spinta, senza alcun dubbio. Non abbiamo tempo e tergiversare o rallentare non ha senso ed è pericoloso.
Il secondo appunto è al mondo della politica, una politica italiana spesso miope ed autoreferenziale. Manteniamo per semplicità lo stesso esempio del passante Nord di Bologna. È evidente come una Città 30 non sia conciliabile con le scelte di grandi assi viari. Sono soluzioni spesso dicotomiche. In questi casi risulta chiaro, a noi, che tutte le scelte andrebbero rimesse in discussione, si dovrebbe rivalutare l’intero assetto della mobilità locale e rivalutare vecchi progetti che spesso hanno più di 10 anni, che si basano su dati superati e soluzioni non più in linea con le esigenze. Rimettere in discussione diritti acquisiti, in questo campo, non sempre è un male.
Un bagno di umiltà dovrebbe suggerire ai politici la strada maestra: avviare finalmente una pianificazione strategica del territorio che si governa porta risultati migliori della mera somma di progetti puntuali slegati tra di loro.