Cosa è la brand identity?
La prima cosa che si dovrebbe comprendere quando si vuole sviluppare una chiara brand identity è che essa non è la somma del logo, della carta intestata, del cartellone pubblicitario, del claim sul sito internet…. Questi al massimo sono strumenti che puoi utilizzare per comunicarla.
La brand identity non è nemmeno un qualcosa che distillano esperti di marketing e guru di varia estrazione, siano essi provenienti da una caverna in una montagna sperduta sulla catena dell’Himalaya o il super esperto che viene da Cupertino.
La prima cosa da capire è che la Brand Identity sei tu e la tua azienda, sei quello che sei e quello che vuoi diventare non quello che appari o vorresti apparire.
Questo è un concetto estremamente importante da comprendere perché se volessi sviluppare una nuova identità per prima cosa dovresti fare un’analisi di chi sei e cosa sei, una vera e propria autoanalisi e poi su di essa fare un eventuale piano di cambiamento verso l’obiettivo che vuoi raggiungere in termini di identità (professionale).
Dopo, solo dopo potresti iniziare a lavorare sulla strutturazione di una identità per il marketing. L’immagine deve esprimere al meglio ciò che sei e non puoi rappresentare ciò che non sei senza rischi per il tuo futuro.
Il primo punto da prendere in considerazione quando si avvia un progetto di costruzione marketing della brand identity è fare una grande operazione verità. Devi capire che non puoi non comunicare ciò che sei. Ne avresti, prima o poi, un danno enorme. Sul web non si mente.
La tua responsabilità per lo sviluppo sostenibile
Costruire un brand con una forte immagine sostenibile è molto difficile
Ci si muove spesso su un terreno minato dove il meglio è nemico del bene
La serietà, la coerenza e la trasparenza sono le uniche qualità che possono aiutarci a emergere
Pensare in grande ed agire localmente paga sempre
Intercettare le richieste della community e rispondere alle sollecitazione è un must
Perché un brand deve avere un’immagine coerente?
Perché la brand identity è importante, anzi direi fondamentale?
Come detto un brand basa la sua immagine su un insieme di emozioni, percezioni, narrazioni e sopratutto comportamenti che ne costruiscono l’identità. Questa identità è in realtà non la vera identità, ma l’identità percepita. Nell’esperienza comune quando l’identità percepita coincide con l’identità reale abbiamo un’immagine risonante e quindi ottime opportunità di utilizzarla a scopo commerciale.
Quando l’identità “costruita” è invece dissonante rispetto alla realtà abbiamo grossi problemi di coerenza. Ciò può spesso comportare diffidenza, lontananza e avversione da parte dell’acquirente fino a portare alla perdita di fette di mercato.
Ecco allora che avere un’immagine coincidente e coerente con i reali comportamenti ha un grande valore commerciale. Se quest’immagine poi viene utilizzata per strutturare campagne, identificazione, emulazione, moda e così via si ottiene ciò che è il risultato voluto: la vendita. Il valore commerciale di un brand dipende molto dalla percezione che il pubblico ha della sua immagine ed in questo la coerenza è un elemento chiave nella costruzione di questa percezione.
Brand identity e consistenza non sono dicotomici
Quando si parla quindi di brand identity è chiaro come la consistenza, cioè la coerenza e l’impegno per mettere in pratica i propri valori nella quotidianità, sia l’elemento chiave. La capacità di mettere a terra valori spesso generici e alti con azioni concrete e visibili è appunto la consistenza di un’identità. Più un brand è coerente tra il dichiarato ed il realizzato più esso è consistente.
In alcuni settori spesso però la consistenza è vista come un elemento poco importante. Basta avere valori alti e forti, dichiararli con forza, promuoverli. Poi magari ogni tanto fare una piccola azione, un’attività apparentemente in linea con quei valori ed ecco che il brand è bello e confezionato.
Questo diviene un errore fatale per molti responsabili marketing poco attenti ed avveduti, quelli che pensano che basta fare la giusta pubblicità e non avere sempre il giusto comportamento.
Avere invece una linea comportamentale chiara e cristallina è il vero elemento che rende una brand identity forte e resiliente alle difficoltà ed agli errori che tutti prima o poi facciamo, soprattutto in comunicazione. Se hai una storia che conferma con l’agire il tuo modo di pensare, quando capita l’errore è sufficiente scusarsi e il passato parlerà per te. In caso contrario l’errore diviene l’elemento che fa crollare il castello di carte e quando ciò avviene può essere fatale.
Perché un brand identity sostenibile ed etica è importante?
Moltissimi brand stanno pian piano cercadno di ricostruire la propria immagine spingendo verso l’etica e la sostenibilità. In molti modi differenti e ognuno con una strada giustamente personale, ma è un trend costante ed in crescita in tutti i settori ed in tutti i mercati mondiali. Ma perché?
Innanzitutto la sensibilità dei clienti e dei cittadini in genere è in forte cambiamento e c’è una domanda di etica e di sostenibilità in continua crescita, ovviamente le aziende inseguono i trend del mercato e i desideri dei loro clienti.
Un secondo aspetto è legato alle normative in evoluzione, sempre seguendo le esigenze e le sensibilità dei cittadini molti paesi producono sempre più normativa che introduce vantaggi per chi rispetta l’ambiente, i diritti umani, i lavoratori.
Un altro aspetto da non trascurare è la liquidità. Sempre più il mondo della finanza si sta spostando verso il mercato ESG togliendo liquidità dalla finanza classica, questo perché ci si è accorti che le aziende che rispettano i criteri ESG performano meglio garantendo margini e guadagni maggiori a chi investe. Ciò vuol dire che sempre più aziende avranno difficoltà ad ottenere prestiti se non rispettano i criteri “imposti” dalla finanza etica.
Quindi l’etica e la voglia di fare qualcosa per il futuro del pianeta non centra nulla, le molle sono essenzialmente economiche. Essere sostenibili ed etici oggi paga e frutta.
Come costruire un’identità sostenibile
La prima cosa da fare è costruire comportamenti consistenti. La seconda cosa da fare è perseverare nei comportamenti consistenti. La terza ed ultima è mantenere comportamenti consistenti.
Non è una battuta ma la serietà e la coerenza sono tutto quando si ha a che fare con la percezione.
Ma quali devono essere i comportamenti da tenere per essere realmente sostenibili?
Non è naturalmente possibile fare una carrellata di tutti i comportamenti per tutte le aziende, ma diciamo che esistono in genere alcuni passaggi generali utili e necessari per costruire e valutare il proprio livello di sostenibilità:
- Costruire un bilancio ambientale reale ed approfondito che prenda in esame tutta la filiera produttiva e comprenda, per quanto possibile, tutte le aziende implicate in essa
- Creare una pioritizzazione delle azioni concentrandosi su quelle che a minor costo e tempo di realizzazione offrono i migliori risultati ambientali e sociali
- Pubblicare tutti i dati e tutte le performance, tutti i documenti e le decisioni. Aprirsi al pubblico
- Ascoltare le critiche e le proposte dei clienti, analizzarle e rispondere. Introdurre quelle fattibili nel circuito di prioritizzazione
- Ripetere costantemente questo ciclo
I punti precedenti non sono altro che gli step più classici delle certificazioni ambientali introdotte sin dai primi anni ’90 e quindi non vi è nulla di sconvolgente se non che è lampante che abbiamo perso davvero tanto tempo. Vediamo di approfondire e valutare i punti salienti e comprendere come costruire una forte brand identity migliorando al tempo stesso il nostro fatturato e soprattutto la marginalità.
1. Analizzare, misurare, migliorare
Le certificazioni ambientali e comunque i processi di certificazione che introducono dei modelli organizzativi come le ISO 9001 non fanno altro che inserire dei circuiti di miglioramento continuo nelle aziende che riescono in questo modo a misurare le performance e attuare azioni di miglioramento. Un meccanismo che a guardarlo oggi appare tanto banale quanto utile.
Quando parliamo di performance ambientali e sociali dobbiamo però aggiungere alcuni concetti chiave che spesso vengono ignorati e che sono stati spesso il disastro di immagine per aziende certificate in passato. Mantenere un sistema di monitoraggio e miglioramento è apparentemente costoso, quindi molte aziende costrette dal mercato a certificarsi si sono limitate ad applicare tali concetti in maniera estremamente superficiale.
Ecco allora che società di ingegneria che progettano grandi infrastrutture si limitano a misurare gli impatti diretti delle loro attività quali il consumo di carta, i rifiuti tecnologici, l’energia consumata dall’edificio in cui sono allocati gli uffici e dalla flotta auto aziendale. Poi con la digitalizzazione e gli interventi in tema di risparmio energetico gli impatti sono diminuiti drasticamente. Ci si trovava davanti a sistemi di gestione che monitoravano impatti ridicoli mentre la società progettava magari immense centrali a carbone.
È possibile limitare la misurazione delle performance ai soli impatti diretti? La risposta è scontata. Ma c’è di più. Anche i comportamenti causano impatti perché condizionano i comportamenti di altri (in primis i fornitori). Ecco che la credibilità dei sistemi di gestione certificati è presto crollata.
Se invece un’azienda individua e riesce a mappare tutti gli impatti diretti ed indiretti, li rende pubblici e cerca di intervenire su di essi sarà, oltre che più credibile, anche più influente sui cambiamenti reali e ciò la renderà automaticamente più visibile. Ma non solo. Una filiera più sostenibile riesce a resistere meglio agli impatti causati da cambiamenti in atto a livello finanziario, normativo e di sensibilità perché la filiera nel suo complesso si adegua progressivamente e quindi è la filiera ad assorbire eventuali contraccolpi e non solo la singola azienda.
Ma una volta mappata tutta la filiera ed i relativi impatti, cosa alquanto complessa, come possiamo agire? Non è certo possibile attuare azioni di comparto sin da subito ed anche nel lungo periodo diviene complesso, in fondo era l’obiettivo anche delle norme ISO no?
2. Muoversi con un piano di priorità
La prioritizzazione delle azioni è una strategia di base del mondo delle startup. Ogni azienda neonata ed innovativa si trova in almeno due delle seguenti condizioni di base:
- Pochi soldi o comunque poca liquidità
- Poco tempo e necessità di uscire sul mercato il prima possibile
- Risorse umane scarse o comunque inadeguate agli obiettivi aziendali
Eppure le startup riescono spesso ad affrontare questi problemi con soluzioni brillanti. Infatti il 90% delle aziende fallisce per errori strutturali di base (errori nella scelta del mercato, errori nella scelta del gruppo) e non perché non riesce a costruire modelli adeguati al raggiungimento degli obiettivi.
Lavorando ormai da moltissimo tempo con incubatori abbiamo imparato che le tecniche tipiche di questo mondo sono ottimali in un mercato come quello moderno che presenta condizioni di parametri strutturali estremamente volatili anche per le grandi imprese. Ecco perché utilizziamo costantemente con i nostri clienti una delle soluzioni per una pianificazione veloce ed efficace quale la prioritizzazione delle azioni.
Si tratta di una tecnica fondamentale per le startup o per le aziende particolarmente innovative e a nostro avviso dovrebbe essere estesa in tutti i progetti che presentano gradi di complessità molto alti.
In sostanza si tratta di una tecnica che si basa su quattro step successivi:
- Identificazione di tutte le azioni necessarie alla realizzazione del progetto
- Pesatura con elementi oggettivi e soggetti delle singole azioni
- Definizione delle priorità di azione in termini di tempi, obiettivi, responsabilità, risultati attesi, risorse
- Costante aggiornamento delle azioni e dei pesi
Anche qui stiamo in realtà parlando di tecniche che dovrebbero rasentare l’ovvio, eppure è davvero un evento raro trovarle applicate nelle aziende in maniera costante e con metodo.
3. Sostenibilità è sinonimo di trasparenza
È incredibile quanto un’azienda che voglia essere sostenibile sia poi sottoposta ad un vero e costante stress test in termini di capacità comunicativa e trasparenza. Sembra che le aziende che decidono di essere sostenibili e puntare su una brand identity etica debbano al tempo stesso dichiarare tutto e aprire tutti i processi industriali al pubblico.
Tale richiesta è motivata soprattutto da una scarsità di affidabilità e trasparenza degli imprenditori industriali che hanno nel tempo pensato prioritariamente al fatturato a discapito del controllo delle esternalità viste esclusivamente come elemento da scaricare su qualcun altro (generazioni future, comunità locali, stati esteri).
Per questo motivo il livello di fiducia del consumatore medio è molto basso e chi vuole avviare un processo di questo genere deve prima di tutto puntare sulla trasparenza. La trasparenza diviene quindi il primo e principale strumento di costruzione della fiducia. Non importa essere i più sostenibili al mondo, per iniziare è già sufficiente essere chiari e sinceri, darsi delle priorità credibili e dichiarare i risultati nel tempo, siano essi positivi o negativi.
Vuoi costruire un percorso di marketing etico?
Le soluzioni e gli esempi di sviluppo sostenibile sono tanti quanti sono gli abitanti del pianeta. Ognuno di noi può trovare idee e soluzioni innovative per far crescere la sua azienda. Sempre più imprenditori si accorgono che oggi far crescere un’azienda vuole anche dire essere responsabili verso l’ambiente, il territorio, il futuro.
Se vuoi valutare i benefici di uno sviluppo di marketing etico per la tua azienda o il tuo territorio basato su solide basi di sostenibilità reale e concreta, progettate per non abbattere il tuo fatturato ma far crescere la tua marginalità allora non esitare a contattarci. Insieme possiamo progettare un nuovo approccio al modo di fare impresa e di essere imprenditori o amministratori locali.
Comunicare, ascoltare, condividere
Se da una parte quindi è di fondamentale importanza comunicare le performance aziendali, dall’altra è altrettanto importante dialogare ed il dialogo sottende prima di tutto l’ascolto.
Per le aziende diviene importante quando non essenziale aprire canali di comunicazione bidirezionali che permettano ai cittadini ed ai clienti di far sentire la propria voce. Far sentire all’azienda!
Creare customer care che possono dialogare con gli stakeholders è importante ma ciò non deve essere una cosa fine a se stessa. È molto importante che tali uffici abbiano anche un ruolo o un canale con chi si occupa della gestione degli impatti. Spesso infatti ciò che un’azienda considera prioritario non lo è per i cittadini ed i clienti. Stiamo parlando di percezione e la percezione è strettamente personale.
A causa dei social la percezione diviene in realtà non più un elemento personale, ma un elemento sociale sottoposto ad un effetto perverso chiamato band vagon. Si tratta di un fenomeno per cui le persone tendono a seguire il trend maggioritario. Basta quindi che un singolo post sui social tocchi un tasto sensibile o prenda un filone in trend a causa di un elemento fortuito negli algoritmi ed il parere di pochi diviene opinione pubblica, finisce sui media, si ingigantisce fino ad esplodere.
Ci vuole molta accortezza, ma soprattutto capacità di ascolto e reazione. Quando arriva una richiesta tale richiesta deve essere accolta, analizzata, valutata e deve esserne data risposta. Ciò non vuol dire che bisogna rispondere ad ogni singola telefonata o post con una riunione di analisi, ma i problemi devono comunque sempre essere analizzati e con chiarezza eventualmente eliminati. Ciò deve essere fatto alla luce del sole.
Solo in questo modo si riuscirà ad avere una vera brand identity forte, solida e apprezzata.